sabato 30 gennaio 2021

STORIA 2^ - La Rivoluzione Scientifica del XVII secolo



da  “VITA DI GALILEO GALILEI” di B. Brecht

 

 

VIII.

 

Un colloquio.                                 

 

Galileo lesse il verdetto                              

e un monacello venne a trovarlo.                                  

Era figlio di poveri contadini,                                       

voleva sapere come acquistare il sapere,

voleva saperlo, voleva saperlo.

 

Palazzo dell'ambasciata fiorentina a Roma.

 

Galileo sta parlando con frate Fulgenzio.

 

galileo          Parlate pure: il vostro abito vi dà diritto di dire tutto quel che volete.

 

fulgenzio       Ho studiato matematica, signor Galilei.

 

galileo          Questo può tornarci utile, se vi induce ad ammettere che due e due possono anche fare quattro.

 

fulgenzio      Signor Galilei, non ho chiuso occhio da tre notti per tentar di conciliare il decreto, che ho letto, con le lune di Giove, che ho viste. Stamattina ho deciso di dire la messa e poi di venirvi a trovare.

 

galileo           Per dirmi che le lune di Giove non esistono?

 

fulgenzio      No. Sono riuscito a convincermi che il decre­to è stato saggio. È servito a rivelarmi quanto possa essere rischiosa per l'umanità un'indagine libera da ogni freno: tanto, che ho preso la decisione di abbandonare l'astronomia. Ma ho pure sentito il bisogno di esporvi alcuni motivi che possono spingere anche un astronomo, quale ero io, a interrompere lo studio delle scienze esatte.

 

galileo           So benissimo quali sono questi motivi.

 

fulgenzio      Capisco la vostra amarezza. Alludete a certi poteri straordinari di cui dispone la Chiesa.

 

galileo           Chiamateli pure strumenti di tortura.

 

fulgenzio      Ma non si tratta solo di questo. Permettete che vi parli di me? Sono cresciuto in campagna, figlio di genitori contadini: gente semplice, che sa tutto della coltivazione dell'ulivo, ma del resto ben poco istruita. Quando osservo le fasi di Venere, ho sempre loro dinanzi agli occhi. Li vedo seduti, insieme a mia sorella, sulla pietra del focolare, mentre consumano il loro ma­gro pasto. Sopra le loro teste stanno le travi del soffitto, annerite dal fumo dei secoli, e le loro mani spossate dal lavoro reggono un coltelluccio. Certo, non vivono bene; ma nella loro miseria esiste una sorta di ordine riposto, una serie di scadenze: il pavimento della casa da lavare, le stagioni che variano nell'uliveto, le decime da paga­re... Le sventure piovono loro addosso con regolarità, quasi seguendo un ciclo. La schiena di mio padre non s'è incurvata tutta in una volta, ma un poco più ogni primavera, lavorando nell'uliveto: allo stesso modo che i parti, succedendosi a intervalli sempre uguali, sempre più facevano di mia madre una creatura senza sesso. Donde traggono la forza necessaria per la loro faticosa esistenza? per salire i sentieri petrosi con le gerle colme sul dorso, per far figli, per mangiare perfino? Dal senso di continuità, di necessità, che infonde in loro lo spetta­colo degli alberi che rinverdiscono ogni anno, la vista del campicello e della chiesetta, la spiegazione del Van­gelo che ascoltano la domenica. Si son sentiti dire e ri­petere che l'occhio di Dio è su di loro, indagatore e qua­si ansioso; che intorno a loro è stato costruito il grande teatro del mondo perché vi facciano buona prova reci­tando ciascuno la grande o piccola parte che gli è asse­gnata... Come la prenderebbero ora, se andassi a dirgli che vivono su un frammento di roccia che rotola ininter­rottamente attraverso lo spazio vuoto e gira intorno a un astro, uno fra tanti, e neppure molto importante? Che scopo avrebbe tutta la loro pazienza, la loro soppor­tazione di tanta infelicità? Quella Sacra Scrittura, che tutto spiega e di tutto mostra la necessità: il sudore, la pazienza, la fame, l'oppressione, a che potrebbe ancora servire se scoprissero che è piena di errori? No: vedo i loro sguardi velarsi di sgomento, e il coltelluccio cadere sulla pietra del focolare; vedo come si sentono traditi, ingannati. Dunque, dicono, non c'è nessun occhio sopra di noi? Siamo noi che dobbiamo provvedere a noi stes­si, ignoranti, vecchi, logori come siamo? Non ci è stata assegnata altra parte che di vivere cosi, da miserabili abitanti di un minuscolo astro, privo di ogni autonomia e niente affatto al centro di tutte le cose? Dunque, la nostra miseria non ha alcun senso, la fame non è una prova di forza, è semplicemente non aver mangiato! E la fatica è piegar la schiena e trascinar pesi, non un me­rito! Così direbbero; ed ecco perché nel decreto del San­t'Uffizio ho scorto una nobile misericordia materna, una grande bontà d'animo.

 

galileo          Bontà d'animo! Forse intendete dire che, dal momento che non c'è più niente, che tutto il vino è be­vuto e che le loro labbra sono secche, non gli resta che baciare la tonaca! Ma perché non c'è più niente? Perché mai l'ordine che regna in questo paese è l'ordine che esi­ste in un magazzino vuoto? Perché non v'è altra neces­sità che quella di lavorare fino a crepare? In mezzo a vi­gneti carichi di grappoli, ai campi folti di grano! Sono i vostri parenti contadini quelli che pagano le guerre scatenate dal vicario del pio Gesù in Spagna e in Ger­mania! Perché Gesù ha posto la terra al centro dell'uni­verso? Ma perché la cattedra di Pietro possa essere il centro della terra! È solo di questo che si tratta. Avete ragione voi: non si tratta dei pianeti, ma dei contadini dell'Agro Romano. E non venite a parlarmi dell'alone di bellezza che emana dalla vecchiaia! Sapete come si svi­luppa la perla nell'ostrica? Un corpo estraneo insoppor­tabile, per esempio un granello di sabbia, penetra den­tro al guscio, e l'ostrica, per seppellire quel granello, secerne calce; e in questo processo rischia la morte. Allo­ra, dico io, al diavolo la perla, purché l'ostrica resti sana! Le virtù non sono appannaggio unicamente della mise­ria, caro mio. Se i vostri genitori vivessero prosperi e felici, potrebbero sviluppare le virtù della prosperità e della felicità. Oggi, invece, i campi esausti producono coteste virtù di esaurimento, ed io le rifiuto. Amico, le mie nuove pompe idrauliche potrebbero operare miraco­li ben maggiori di tutto quel grottesco affaccendarsi ol­tre l'umana capacità... Crescete e moltiplicatevi! perché le guerre spopolano i territori e i nostri campi sono sterili. Bisogna dunque proprio mentire alla tua gente?

 

fulgenzio      (con grande agitazione)  Dobbiamo tacere per il più nobile dei motivi: la pace spirituale dei diseredati!

 

galileo          Vuoi che ti mostri una pendola del Cellini? Me l'ha portata stamane il cocchiere del cardinale Bellarmino. Caro mio, come contentino per non turbare la pace spirituale dei tuoi genitori, le autorità mi offrono la mia porzione del vino che hanno vendemmiato dal sudore dei loro volti, i quali, come tu ben sai, sono fatti a im­magine e somiglianza di Dio. Se mi adattassi a tacere, potrei anche ricavarne qualche utilità: vita facile, nien­te persecuzioni e via dicendo.

 

fulgenzio      Signor Galilei, io sono un ecclesiastico.

 

galileo           Sei anche un fisico. E che le fasi di Venere esi­stono, lo vedi. Guarda! (Indica oltre la finestra) Vedi là il piccolo Priapo, alla fonte vicino al lauro? Il dio degli orti, degli uccelli e dei ladri, l'osceno idolo contadino, vecchio di duemil'anni? Ha detto meno bugie di loro! Va bene, non ne parliamo, anch'io sono un figlio della Chiesa. Ma non avete mai letto l'ottava satira di Orazio? Proprio in questi giorni me la sto rileggendo, per ritrovare un po' d'equilibrio. (Afferra un libriccino) Sen­tite come fa parlare una statuetta di Priapo che si trova­va negli orti Esquilini. Comincia cosi:

 

Ero un ceppo di fico, un legno poco servibile

Quando il mio falegname, incerto se fare di me

Priapo od uno sgabello, finì col scegliere il dio...

 

Credete che Orazio, se per esempio gli avessero imposto di non parlare di uno sgabello, ma di mettere nella poe­sia un tavolo, lo avrebbe tollerato? Messere, il preten­dere che, nel mio quadro dell'universo, Venere debba essere senza fasi, è recare offesa al mio senso estetico! Come possiamo scoprire le macchine che regolano il corso dei fiumi, se ci si fa divieto di studiare la più grande macchina che sta innanzi ai nostri occhi, quella del firmamento! E la somma degli angoli di un triangolo non può variare a seconda degli interessi della Curia. E non posso calcolare le traiettorie dei corpi volanti in maniera da spiegare anche i voli delle streghe sui manici di scopa!

 

fulgenzio       Ma non credete che la verità - se verità è – si farà strada anche senza di noi?

 

galileo           No, no, no! La verità riesce ad imporsi solo nel­la misura in cui noi la imponiamo; la vittoria della ragione non può essere che la vittoria di coloro che ragionano. Tu parli dei contadini dell'Agro come se fossero il mu­schio che alligna sulle loro capanne! A chi mai può passare per la mente che ciò che a loro interessa, non vada d'accordo con la somma degli angoli di un triangolo? Certo che, se non si agitano, se non imparano a pensare, poco può aiutarli anche il più efficace sistema d'irriga­zione. Per tutti i diavoli, vedo bene che sono ricchi di divina pazienza; ma la loro divina furia, dov'è?

 

fulgenzio      Sono stanchi.

 

galileo          (gettandogli un fascio di manoscritti)  Sei o non sei un fisico, figlio mio? Qui sta scritto com'è che negli oceani avvengono le alte e le basse maree. Non lo puoi leggere, hai capito? To', e invece lo leggi? Sei un fisico, allora? (Frate Fulgenzio è sprofondato nella lettura). Il frutto dell'albero della conoscenza! Ecco, lo azzanna subito. Sarà dannato in eterno, ma non può far a meno di azzannarlo, sciagurato ghiottone! A volte penso che mi lascerei rinchiudere in una prigione dieci tese sotterra, dove non penetrasse un filo di luce, purché in cambio po­tessi scoprire di che cosa la luce è fatta. E il peggio è che, tutto quello che scopro, devo gridarlo intorno: come un amante, come un ubriaco, come un traditore. È un vizio maledetto, mi trascinerà alla rovina. Quanto potrò resistere a parlare solo coi muri? Questo è il problema.

 

fulgenzio      (indicando un passo del manoscritto)  C'è una frase che non capisco.

 

galileo           Te la spiegherò. Te la spiegherò.        

 

STORIA 2^ - Il XVII secolo


 

giovedì 21 gennaio 2021

ITALIANO 2^ - Antologia. L'umorismo. A. Cecov "Sui danni del tabacco"; A. Campanile "Acqua minerale"

 

IL TABACCO FA MALE di Anton Pavlocic Cechov

 

PERSONAGGI

IVAN IVANOVIÈ NJUCHIN, marito della propria moglie, direttrice di una scuola di musica e di un collegio femminile

La scena rappresenta il palcoscenico di uno dei tanti circoli di provincia.

NJUCHIN (con lunghi favoriti, senza baffi, in un vecchio frac liso, si muove maestosamente, fa inchini e si aggiusta il gilet)

Gentili signore e, in un certo qual modo, gentili signori. (Si pettina i favoriti).È stato proposto a mia moglie che io tenessi qui una conferenza popolare a scopo benefico. Che fare? Una conferenza, e conferenza sia, la cosa mi è del tutto indifferente. Io non sono certo professore, sono estraneo alle gerarchie accademiche, ma, ciononostante, già da trent'anni, senza interruzione, dirò addirittura a danno della mia propria salute e tutto il resto, mi dedico comunque a problemi di carattere scientifico, ragiono e scrivo persino, pensate un po', articoli scientifici, vale a dire non esattamente scientifici, ma, se mi scuseranno l'espressione, proprio come se fossero tali. A proposito, in questi giorni ho redatto un articolo di enormi proporzioni dal titolo: Del danno provocato da alcuni insetti. Alle mie figlie è molto piaciuto, in particolare dove dico delle cimici, io l'ho letto e subito stracciato. Comunque è del tutto indifferente, scrivi ciò che vuoi, ma senza l'insetticida il problema non si risolve. Noi le cimici le abbiamo persino nel pianoforte... Come argomento della mia conferenza odierna ho scelto, per così dire, il danno che reca all'umanità l'uso del tabacco. Sono fumatore anch'io, ma mia moglie mi ha ordinato di parlare oggi della nefasta influenza del tabacco, e quindi la cosa non si discute. Del tabacco, e tabacco sia, per me è del tutto indifferente; a loro, gentili signori, propongo di rapportarsi alla mia presente conferenza con la dovuta serietà, altrimenti non se ne caverà nulla. Chi fosse spaventato da un'arida conferenza scientifica, chi non l'apprezzasse, può non ascoltarla e uscire. (Si aggiusta il gilet).Chiedo particolare attenzione ai signori medici qui presenti, che potranno trarre dalla mia conferenza molte indicazioni utili, visto che il tabacco, oltre alle sue nefaste influenze, viene usato anche in medicina. Per esempio, se si chiudesse una mosca in una tabacchiera, probabilmente creperebbe di esaurimento nervoso. Il tabacco è, essenzialmente, una pianta... Quando tengo una conferenza, di solito ammicco con l'occhio destro, ma loro non facciano caso; è l'emozione. Sono una persona molto nervosa, parlando in generale, ma ad ammiccare ho cominciato nel 1889, il 13 settembre, lo stesso giorno in cui a mia moglie nacque, in un certo senso, la nostra quarta figlia Varvara. Tutte le mie figlie sono nate il 13 del mese. Comunque (dopo aver guardato l'orologio), considerando il poco tempo a disposizione, non esuleremo dal tema della conferenza. Devo far loro notare che mia moglie dirige una scuola di musica e un pensionato privato, voglio dire non un pensionato, ma qualcosa di simile. Parlando fra noi, mia moglie ama piangere miseria, ma ha qualcosa da parte, quaranta o cinquantamila, io invece non ho un copeco, non un centesimo, ma che vale parlarne! Nel pensionato io costituisco il responsabile dell'economia domestica. Penso alle provviste, controllo la servitù, annoto le spese, preparo i quaderni, stermino le pulci, porto a spasso il cane di mia moglie, do la caccia ai topi... Ieri sera era di mia competenza consegnare la farina e il burro alla cuoca, dal momento che erano in programma le frittelle. Ebbene, in poche parole, oggi, quando le frittelle erano già pronte, mia moglie è venuta in cucina a dire che tre educande non le avrebbero mangiate perché gli si erano gonfiate le ghiandole. E così è risultato che si erano preparate delle frittelle in eccesso. Che cosa ordinate di farne? Mia moglie in principio ha ordinato che fossero portate in cantina, poi, pensa e ripensa, dice: "Mangiale tu quelle frittelle, spaventapasseri". Quando è di cattivo umore mi chiama così: spaventapasseri, o aspide, o satana. Ma che satana sarò mai io? Lei è sempre di cattivo umore. E io non le ho mangiate, bensì inghiottite, senza masticarle, dal momento che ho sempre fame. Ieri, per esempio, non mi ha fatto pranzare. "Dar da mangiare a te, spaventapasseri - dice - non è il caso... ". Ma, però (guarda l'orologio), abbiamo parlato un po' a vanvera, e ci siamo allontanati dal nostro tema. Continuiamo. Per quanto loro ora ascolterebbero volentieri una romanza, o una qualsiasi sinfonia, o un'aria... (Accenna una melodia)."Non batteremo ciglio, nell'ardore dello scontro... ". Non ricordo da dove è tratto... A proposito, ho dimenticato di dir loro che nella scuola di musica di mia moglie, oltre l'economia domestica, è di mia competenza l'insegnamento della matematica, della fisica, della chimica, della geografia, della storia, del solfeggio, della letteratura eccetera. Per la danza, il canto e il disegno mia moglie percepisce un pagamento a parte, sebbene danza e canto li insegni io. La nostra scuola di musica si trova nel vicolo dei Cinque cani, al numero 13. Forse è per questo che la mia vita è così piena di disgrazie, per il fatto che abitiamo al numero 13. Anche le mie figlie sono nate il giorno 13, e in casa nostra ci sono 13 finestre... Beh, che farci! Per prendere accordi, mia moglie la si trova in casa in qualunque momento, mentre il programma della scuola, se vi interessa, è in vendita dal portiere a trenta copechi la copia. (Estrae di tasca alcuni opuscoli).Se qualcuno è interessato posso provvedere io. Trenta copechi la copia! Chi ne vuole? (Pausa).Nessuno ne vuole? Su, venti copechi! (Pausa).Peccato. Già, la casa numero 13! Non mi riesce niente, sono invecchiato, rincitrullito... Adesso sto facendo la conferenza, ho l'aspetto allegro, ma dentro avrei voglia di gridare a tutta voce o di volar via chissà dove al di là dei tre mari. E non mi posso sfogare con nessuno, ho persino voglia di piangere... Loro diranno: le figlie... Quali figlie? Io parlo con loro, e quelle non fanno che ridere... Mia moglie ha sette figlie... No, chiedo scusa, devono essere sei... (Vivacemente).Sette! La maggiore, Anna, ha ventisette anni, la minore diciassette. Gentili signori! (Si guarda intorno).Sono infelice, mi sono abbandonato alle sciocchezze, alla miseria, ma in fondo loro vedono in me il più felice dei padri. In fondo così deve essere, e io non mi azzarderò a dire altrimenti. Se loro soltanto sapessero! Ho passato con mia moglie trentatré anni e, posso dire, sono stati i migliori anni della mia vita, non proprio i migliori, così in generale. Sono trascorsi, per farla breve, in un felice istante, per quanto mi riguarda, che il diavolo se li porti. (Si guarda attorno).Comunque, lei, a quanto pare, non è ancora arrivata, non è qui, e si può dire qualunque cosa si voglia... Io sono terrorizzato... terrorizzato quando lei mi guarda. Sì, dicevo: le mie figlie aspettano tanto a trovar marito probabilmente perché sono timide, e anche perché non vedono mai uomini. Mia moglie non vuole dare feste, ai pranzi non invita mai nessuno, è una dama molto avara, irosa, litigiosa, per questo da noi non viene mai nessuno, ma... posso confidar loro in segreto... (Si avvicina alla scaletta).Le figlie di mia moglie le si può vedere nelle occasioni di festa grande, dalla loro zia Natalja Semenovna, quella stessa che soffre di reumatismi e che va in giro con quell'abito giallo a macchiette nere, come se fosse invasa dagli scarafaggi. Là servono anche gli antipasti. E quando mia moglie non c'è ci si concede anche questo... (Porta il pollice alla bocca, nel gesto di bere).Devo far loro notare che io mi ubriaco con un solo bicchierino, e ciò mi mette l'animo in pace ma mi procura anche una gran tristezza che non riesco ad esprimere a parole; mi tornano in mente, chissà perché, gli anni giovanili, e vien voglia di correre, ah se loro sapessero che voglia! (Divertito).Correre, lasciar perdere tutto e correre senza voltarsi indietro... dove? Non importa dove... purché si corra via da questa vita schifosa, volgare e meschina, che mi trasforma in un vecchio, penoso stupidone; correre via da questa sciocca, misera, cattiva, cattiva, cattiva spilorcia, da mia moglie, che per trentatré anni mi ha tormentato, correre via dalla musica, dalla cucina, dai soldi di mia moglie, da tutte quelle cose sciocche e volgari... e fermarsi da qualche parte lontano lontano, in un campo e starsene immobile come un albero, come un palo, come uno spaventapasseri, sotto il cielo aperto e tutta notte guardare la luna che se ne sta quieta e splendente sopra di te, e dimenticare, dimenticare... Oh, come vorrei non ricordare nulla!... Come vorrei strapparmi di dosso questo vecchio frac abietto in cui trent'anni fa mi sono sposato... (si strappa di dosso il frac) in cui regolarmente tengo conferenze a scopo benefico... Toh! (Calpesta il frac).Toh! Sono vecchio, io, povero, penoso, come questo gilet con la sua schiena lisa e spelacchiata... (Mostra la schiena).Non ho bisogno di niente! Sono superiore e più puro di tutto questo, sono stato, tempo fa, giovane intelligente, ho studiato all'università, sognavo, mi consideravo un uomo... Adesso non ho bisogno di niente! Niente, tranne la quiete... tranne la quiete! (Dopo aver guardato da un lato, indossa rapidamente il frac).Ecco dietro le quinte c'è mia moglie... E arrivata e mi aspetta là... (Guarda l'orologio).Il tempo è già passato... Se domanderà loro qualcosa, io prego di dirle che la conferenza ha avuto luogo... che lo spaventapasseri, cioè io, si è comportato dignitosamente. (Guarda di lato, tossisce).Sta guardando verso di me... (Alzando la voce).Basandosi sul concetto che il tabacco contiene in sé un terribile veleno, del quale ho appena parlato, non è opportuno fumare in nessuna circostanza, e mi permetto, in un certo senso, di sperare che questa mia conferenza sul danno del tabacco si manifesterà di qualche utilità. Ho finito. Dixi et animam levavi!

Si inchina ed esce solennemente.

 


Achille Campanile  ACQUA MINERALE

La scena rappresenta la sala di un ristorante. Alle pareti, pannelli con appliques di bronzo dorato. Sui tavoli, candele accese. La sala è quasi deserta, perché è tardi, e anche perché la maggior parte dei clienti, data la calda stagione, preferisce mangiare ai tavoli fuori, all'aperto.

Solo un tavolo è occupato da LUI e LEI, i quali preferiscono mangiare all'interno, per non esser visti, trattandosi di una coppia irregolare. LEI, giovane, tipo di donna fatale, è sfolgorante in una toletta da sera, tutta d'oro. LUI, non più giovanissimo, è in smoking. Davanti alla tavola, il CAMERIERE, un uomo anziano e mansueto, sta terminando di prendere le ordinazioni relative alle bevande (quelle relative ai cibi sono state già prese dal capo-cameriere. ) Ha già preso nota ai cibi.

Un'orchestrina sta suonando una musica appassionata, che passa come un vento leggero fra le tavole scintillanti.

A un tratto s'interrompe. Rullo di tamburo, come al Circo Equestre, quando sta per cominciare un esercizio difficile. Indi tace anche il rullo.

L'orchestrina resterà in silenzio durante tutta la scena, per riprendere, con uno scoppio, dopo l'ultima battuta.

Nel silenzio, il CAMERIERE attacca la prima battuta, relativa alle ordinazioni dell’acqua.

CAMERIERE       (col taccuino e il lapis pronti, per prendere nota) Acqua minerale?

LUI                         Naturale

CAMERIERE       (prendendo nota) Acqua naturale.

LUI                         Ho detto minerale

CAMERIERE       Veramente, mi scusi, ma lei ha detto naturale.

LUI                                         Intendevo: naturale, acqua minerale. Non le sembra naturale che io beva acqua minerale?

CAMERIERE       Certamente, certamente. Scusi. Credevo che il naturale si riferisse all’acqua.

LUI                                         No, si riferiva al minerale. Vuole che un tipo come me beva acqua naturale? Io bevo acqua minerale.

CAMERIERE       (annotando) Naturale.

LUI                         E dagli! Minerale!

CAMERIERE       Ho capito. Ho scritto minerale.

LUI                         Lei ha scritto naturale, ho sentito coi miei orecchi.

CAMERIERE       Ho detto naturale, ma ho scritto minerale.

LUI                         E perché ha detto naturale, se scriveva minerale?

CAMERIERE       Perché riconoscevo che è più che naturale che una persona come lei beva non acqua naturale, ma acqua minerale.

LEI                         (a LUI) Ti prego, mi fate girare la testa.

LUI                                         No, scusa, cara, permetti, voglio andare in fondo in questa faccenda, perchè nessuno deve prendermi in giro. (Al cameriere, ironico) E, se avessi voluto acqua naturale, e lei avesse scritto naturale, avrebbe detto minerale.

CAMERIERE       Che c’entra? Naturale, nel suo caso, significava minerale; mentre minerale non significherebbe in nessun caso naturale.

LUI                         Perché? L'acqua minerale secondo lei, non è naturale?

CAMERIERE       C'è acqua minerale naturale è acqua minerale artificiale, che però non è il nostro caso. Da noi è tutta naturale.

LUI                         L’acqua minerale?

CAMERIERE       L'acqua minerale, naturale, è naturale.

LUI                         E l'acqua naturale?

CAMERIERE       L'acqua naturale è sempre soltanto naturale. Non esiste acqua naturale artificiale, che io sappia.

LUI                                         Mah. Chi lo sa? Oggigiorno non c’è da fidarsi nemmeno dell’ acqua naturale. (Ironico) cosicché, eh?, siccome io ho chiesto acqua minerale, lei ha scritto minerale.

CAMERIERE       Naturale.

LUI                         Ah, vedo, dunque? Ammette anche lei d'aver scritto naturale!..

CAMERIERE       MA NO! Dico: è naturale che io abbia scritto minerale, dal momento che lei la vuole minerale. Se avesse voluto acqua naturale, non sarebbe stato naturale

scrivere minerale. 

LEI                                         (con ammirazione) Io, poi, vorrei sapere come si fa a dire naturale, mentre scrive minerale.

CAMERIERE       (modesto) Abitudine signora. In un locale come il nostro, si ha una tale abitudine a sentirci ordinare acqua minerale, che la mano scrive automaticamente la parola...

LUI                         Naturale.

CAMERIERE       No, la parola minerale.

LUI                                         Ho capito, ho capito. Ho detto: naturale che scrive minerale, anche se dice naturale.. Ma mi dica, se io voglio acqua naturale; lei scrive naturale?

CAMERIERE       Naturale.

LUI                         E se io voglio acqua minerale, scrive minerale

CAMERIERE       Naturale.

LUI                         Ma insomma, lei scrive sempre naturale?

CAMERIERE       Ma no!. . Naturale che io scrivo minerale.

LUI                                         Allora lei scrive sempre minerale, sia che dica minerale, sia che dica naturale. E dice sempre naturale, sia che scriva naturale, sia che scriva minerale.

CAMERIERE       (Balbettando) Secondo i casi. Ci penserò. Glielo saprò dire. (A LEI) Anche la Signora, acqua minerale?

LEI                         (con bonomia) Naturale.

CAMERIERE       (annotando) Minerale.

LEI                         Ho detto naturale.

CAMERIERE       Credevo che intendesse, come il signore: “naturale, acqua minerale”. Invece intende: "naturale, acqua naturale".

LEI                                         Per niente affatto. Quel vostro primo naturale è di troppo, perché in questo caso avrei detto: "naturale, naturale".

CAMERIERE       Come?

LEI                                         E già. Perché lei non aveva detto naturale ma minerale, e quindi il mio "naturale" non confermava, ma rettificava; mentre, nel caso del signore, non rettificava, ma confermava. Insomma, nel caso del signore "naturale" era una forma affermativa, mentre nel caso mio indicava una qualità dell’acqua differente da quella da lei indicata.

CAMERIERE       (gemendo) Ma io come potevo sapere che il suo “naturale” non era come quello del signore?

LEI                         Attenendosi alla lettera. "Naturale" significa "Naturale”, e basta.

CAMERIERE       Appunto. Può significare tanto acqua naturale quanto minerale

LEI                                         Niente affatto. Il mio “naturale" significava soltanto acqua naturale e non: "naturale, acqua minerale” E non insistete se no reclamo col proprietario e vi faccio licenziare.

CAMERIERE       (Angosciato) Signora!! Ho famiglia. Un figlio.

LUI                         (commosso suo malgrado) Legittimo?

CAMERIERE       Naturale...

LUI                         E non può legittimarlo?

CAMERIERE       Perché dovrei legittimarlo, se é già legittimo.

LUI                         Ha detto che è naturale.

CAMERIERE       No. Intendevo: naturale, è legittimo.

LUI                         Ah, credevo che avesse detto che è naturale.

CAMERIERE       Invece è legittimo. Non le sembra naturale che io abbia un figlio legittimo?

LUI                         Certo, certo è naturale.

CAMERIERE       Le dico che è legittimo.

LUI                                         Ho capito, del resto, non vorrà dirmi che un figlio legittimo sia innaturale. Anch’esso è naturale? Un normale prodotto della natura. Una creatura come le

altre. Insomma, non è contro natura 

CAMERIERE       (un po’ brusco) Non lo metto in dubbio. Ma mio figlio è legittimo e non mi piace che si dica che è naturale.

LUI                         E' naturale.

CAMERIERE       Ma lei vuole provocarmi. Le dico che è legittimo.

LUI                         Ho capito.

CAMERIERE       E allora, perché, dice che è naturale?

LUI                                         Dico che é naturale che non lo si dica naturale, se è legittimo. Lo capisco, sa. Anch'io ho un figlio.

CAMERIERE       Legittimo?

LUI                         Naturale.

CAMERIERE       E allora, anche lei pretenderà giustamente che lo si dica legittimo e non naturale.

LUI                         Ma se le dico che è naturale.

CAMERIERE       Ah, credevo che intendesse, come me: naturale, è legittimo.

LUI                                         No purtroppo. Intendevo: è naturale, non è legittimo. Ma il mio più gran desiderio è di legittimarlo.

CAMERIERE       E' legittimo.

LUI                         No, è naturale.

CAMERIERE       Ho capito. Dico: è legittimo il suo desiderio di legittimarlo. E' legittimo e naturale.

LUI                         (con tristezza) Se è naturale non è legittimo; e se è legittimo non è naturale.

CAMERIERE       Ma io intendevo il desiderio, che può essere contemporaneamente legittimo e    naturale. Non solo ma è naturale che sia legittimo, ed è legittimo che sia

naturale. 

LUI                                         (con amarezza) Ma mio figlio è soltanto naturale. Per la crudeltà d'una legge antiquata e per la malvagità d'una donna, che mi ha rovinata l'esistenza e

impedisce la legittimazione per pura cattiveria, avendo la legge dalla sua e servendosene come d'uno strumento di male. E sapeste quante ce ne sono, che si servono della legge per ricattare e commettere azioni infami!! Poveri innocenti ragazzi! Povero figlio mio! 

CAMERIERE       (comprensivo e un po' esitante, ma premuroso) E ... Beve acqua minerale?

LUI                         Chi ?

CAMERIERE       Suo figlio.

LUI                         Naturale.

CAMERIERE       (timido) E' naturale che beva acqua minerale? Beve acqua naturale? O è naturale perché non è legittimo?

LUI                         Come?

CAMERIERE       Voglio dire: suo figlio è naturale e beve acqua minerale? E' legittimo e beve acqua naturale? O è naturale e beve acqua minerale?

LUI                         (cupo) No. Mio figlio è minerale! E beve acqua legittima!

SIPARIO