sabato 30 gennaio 2021

STORIA 2^ - La Rivoluzione Scientifica del XVII secolo



da  “VITA DI GALILEO GALILEI” di B. Brecht

 

 

VIII.

 

Un colloquio.                                 

 

Galileo lesse il verdetto                              

e un monacello venne a trovarlo.                                  

Era figlio di poveri contadini,                                       

voleva sapere come acquistare il sapere,

voleva saperlo, voleva saperlo.

 

Palazzo dell'ambasciata fiorentina a Roma.

 

Galileo sta parlando con frate Fulgenzio.

 

galileo          Parlate pure: il vostro abito vi dà diritto di dire tutto quel che volete.

 

fulgenzio       Ho studiato matematica, signor Galilei.

 

galileo          Questo può tornarci utile, se vi induce ad ammettere che due e due possono anche fare quattro.

 

fulgenzio      Signor Galilei, non ho chiuso occhio da tre notti per tentar di conciliare il decreto, che ho letto, con le lune di Giove, che ho viste. Stamattina ho deciso di dire la messa e poi di venirvi a trovare.

 

galileo           Per dirmi che le lune di Giove non esistono?

 

fulgenzio      No. Sono riuscito a convincermi che il decre­to è stato saggio. È servito a rivelarmi quanto possa essere rischiosa per l'umanità un'indagine libera da ogni freno: tanto, che ho preso la decisione di abbandonare l'astronomia. Ma ho pure sentito il bisogno di esporvi alcuni motivi che possono spingere anche un astronomo, quale ero io, a interrompere lo studio delle scienze esatte.

 

galileo           So benissimo quali sono questi motivi.

 

fulgenzio      Capisco la vostra amarezza. Alludete a certi poteri straordinari di cui dispone la Chiesa.

 

galileo           Chiamateli pure strumenti di tortura.

 

fulgenzio      Ma non si tratta solo di questo. Permettete che vi parli di me? Sono cresciuto in campagna, figlio di genitori contadini: gente semplice, che sa tutto della coltivazione dell'ulivo, ma del resto ben poco istruita. Quando osservo le fasi di Venere, ho sempre loro dinanzi agli occhi. Li vedo seduti, insieme a mia sorella, sulla pietra del focolare, mentre consumano il loro ma­gro pasto. Sopra le loro teste stanno le travi del soffitto, annerite dal fumo dei secoli, e le loro mani spossate dal lavoro reggono un coltelluccio. Certo, non vivono bene; ma nella loro miseria esiste una sorta di ordine riposto, una serie di scadenze: il pavimento della casa da lavare, le stagioni che variano nell'uliveto, le decime da paga­re... Le sventure piovono loro addosso con regolarità, quasi seguendo un ciclo. La schiena di mio padre non s'è incurvata tutta in una volta, ma un poco più ogni primavera, lavorando nell'uliveto: allo stesso modo che i parti, succedendosi a intervalli sempre uguali, sempre più facevano di mia madre una creatura senza sesso. Donde traggono la forza necessaria per la loro faticosa esistenza? per salire i sentieri petrosi con le gerle colme sul dorso, per far figli, per mangiare perfino? Dal senso di continuità, di necessità, che infonde in loro lo spetta­colo degli alberi che rinverdiscono ogni anno, la vista del campicello e della chiesetta, la spiegazione del Van­gelo che ascoltano la domenica. Si son sentiti dire e ri­petere che l'occhio di Dio è su di loro, indagatore e qua­si ansioso; che intorno a loro è stato costruito il grande teatro del mondo perché vi facciano buona prova reci­tando ciascuno la grande o piccola parte che gli è asse­gnata... Come la prenderebbero ora, se andassi a dirgli che vivono su un frammento di roccia che rotola ininter­rottamente attraverso lo spazio vuoto e gira intorno a un astro, uno fra tanti, e neppure molto importante? Che scopo avrebbe tutta la loro pazienza, la loro soppor­tazione di tanta infelicità? Quella Sacra Scrittura, che tutto spiega e di tutto mostra la necessità: il sudore, la pazienza, la fame, l'oppressione, a che potrebbe ancora servire se scoprissero che è piena di errori? No: vedo i loro sguardi velarsi di sgomento, e il coltelluccio cadere sulla pietra del focolare; vedo come si sentono traditi, ingannati. Dunque, dicono, non c'è nessun occhio sopra di noi? Siamo noi che dobbiamo provvedere a noi stes­si, ignoranti, vecchi, logori come siamo? Non ci è stata assegnata altra parte che di vivere cosi, da miserabili abitanti di un minuscolo astro, privo di ogni autonomia e niente affatto al centro di tutte le cose? Dunque, la nostra miseria non ha alcun senso, la fame non è una prova di forza, è semplicemente non aver mangiato! E la fatica è piegar la schiena e trascinar pesi, non un me­rito! Così direbbero; ed ecco perché nel decreto del San­t'Uffizio ho scorto una nobile misericordia materna, una grande bontà d'animo.

 

galileo          Bontà d'animo! Forse intendete dire che, dal momento che non c'è più niente, che tutto il vino è be­vuto e che le loro labbra sono secche, non gli resta che baciare la tonaca! Ma perché non c'è più niente? Perché mai l'ordine che regna in questo paese è l'ordine che esi­ste in un magazzino vuoto? Perché non v'è altra neces­sità che quella di lavorare fino a crepare? In mezzo a vi­gneti carichi di grappoli, ai campi folti di grano! Sono i vostri parenti contadini quelli che pagano le guerre scatenate dal vicario del pio Gesù in Spagna e in Ger­mania! Perché Gesù ha posto la terra al centro dell'uni­verso? Ma perché la cattedra di Pietro possa essere il centro della terra! È solo di questo che si tratta. Avete ragione voi: non si tratta dei pianeti, ma dei contadini dell'Agro Romano. E non venite a parlarmi dell'alone di bellezza che emana dalla vecchiaia! Sapete come si svi­luppa la perla nell'ostrica? Un corpo estraneo insoppor­tabile, per esempio un granello di sabbia, penetra den­tro al guscio, e l'ostrica, per seppellire quel granello, secerne calce; e in questo processo rischia la morte. Allo­ra, dico io, al diavolo la perla, purché l'ostrica resti sana! Le virtù non sono appannaggio unicamente della mise­ria, caro mio. Se i vostri genitori vivessero prosperi e felici, potrebbero sviluppare le virtù della prosperità e della felicità. Oggi, invece, i campi esausti producono coteste virtù di esaurimento, ed io le rifiuto. Amico, le mie nuove pompe idrauliche potrebbero operare miraco­li ben maggiori di tutto quel grottesco affaccendarsi ol­tre l'umana capacità... Crescete e moltiplicatevi! perché le guerre spopolano i territori e i nostri campi sono sterili. Bisogna dunque proprio mentire alla tua gente?

 

fulgenzio      (con grande agitazione)  Dobbiamo tacere per il più nobile dei motivi: la pace spirituale dei diseredati!

 

galileo          Vuoi che ti mostri una pendola del Cellini? Me l'ha portata stamane il cocchiere del cardinale Bellarmino. Caro mio, come contentino per non turbare la pace spirituale dei tuoi genitori, le autorità mi offrono la mia porzione del vino che hanno vendemmiato dal sudore dei loro volti, i quali, come tu ben sai, sono fatti a im­magine e somiglianza di Dio. Se mi adattassi a tacere, potrei anche ricavarne qualche utilità: vita facile, nien­te persecuzioni e via dicendo.

 

fulgenzio      Signor Galilei, io sono un ecclesiastico.

 

galileo           Sei anche un fisico. E che le fasi di Venere esi­stono, lo vedi. Guarda! (Indica oltre la finestra) Vedi là il piccolo Priapo, alla fonte vicino al lauro? Il dio degli orti, degli uccelli e dei ladri, l'osceno idolo contadino, vecchio di duemil'anni? Ha detto meno bugie di loro! Va bene, non ne parliamo, anch'io sono un figlio della Chiesa. Ma non avete mai letto l'ottava satira di Orazio? Proprio in questi giorni me la sto rileggendo, per ritrovare un po' d'equilibrio. (Afferra un libriccino) Sen­tite come fa parlare una statuetta di Priapo che si trova­va negli orti Esquilini. Comincia cosi:

 

Ero un ceppo di fico, un legno poco servibile

Quando il mio falegname, incerto se fare di me

Priapo od uno sgabello, finì col scegliere il dio...

 

Credete che Orazio, se per esempio gli avessero imposto di non parlare di uno sgabello, ma di mettere nella poe­sia un tavolo, lo avrebbe tollerato? Messere, il preten­dere che, nel mio quadro dell'universo, Venere debba essere senza fasi, è recare offesa al mio senso estetico! Come possiamo scoprire le macchine che regolano il corso dei fiumi, se ci si fa divieto di studiare la più grande macchina che sta innanzi ai nostri occhi, quella del firmamento! E la somma degli angoli di un triangolo non può variare a seconda degli interessi della Curia. E non posso calcolare le traiettorie dei corpi volanti in maniera da spiegare anche i voli delle streghe sui manici di scopa!

 

fulgenzio       Ma non credete che la verità - se verità è – si farà strada anche senza di noi?

 

galileo           No, no, no! La verità riesce ad imporsi solo nel­la misura in cui noi la imponiamo; la vittoria della ragione non può essere che la vittoria di coloro che ragionano. Tu parli dei contadini dell'Agro come se fossero il mu­schio che alligna sulle loro capanne! A chi mai può passare per la mente che ciò che a loro interessa, non vada d'accordo con la somma degli angoli di un triangolo? Certo che, se non si agitano, se non imparano a pensare, poco può aiutarli anche il più efficace sistema d'irriga­zione. Per tutti i diavoli, vedo bene che sono ricchi di divina pazienza; ma la loro divina furia, dov'è?

 

fulgenzio      Sono stanchi.

 

galileo          (gettandogli un fascio di manoscritti)  Sei o non sei un fisico, figlio mio? Qui sta scritto com'è che negli oceani avvengono le alte e le basse maree. Non lo puoi leggere, hai capito? To', e invece lo leggi? Sei un fisico, allora? (Frate Fulgenzio è sprofondato nella lettura). Il frutto dell'albero della conoscenza! Ecco, lo azzanna subito. Sarà dannato in eterno, ma non può far a meno di azzannarlo, sciagurato ghiottone! A volte penso che mi lascerei rinchiudere in una prigione dieci tese sotterra, dove non penetrasse un filo di luce, purché in cambio po­tessi scoprire di che cosa la luce è fatta. E il peggio è che, tutto quello che scopro, devo gridarlo intorno: come un amante, come un ubriaco, come un traditore. È un vizio maledetto, mi trascinerà alla rovina. Quanto potrò resistere a parlare solo coi muri? Questo è il problema.

 

fulgenzio      (indicando un passo del manoscritto)  C'è una frase che non capisco.

 

galileo           Te la spiegherò. Te la spiegherò.