da “VITA DI GALILEO GALILEI” di B. Brecht
VIII.
Un colloquio.
Galileo
lesse il verdetto
e un monacello venne a trovarlo.
Era figlio di poveri contadini,
voleva sapere come acquistare il sapere,
voleva saperlo, voleva saperlo.
Palazzo dell'ambasciata fiorentina a Roma.
Galileo sta parlando con frate Fulgenzio.
galileo Parlate pure: il vostro abito vi dà diritto di dire tutto
quel che volete.
fulgenzio Ho studiato matematica, signor Galilei.
galileo Questo può tornarci utile, se vi induce ad ammettere che
due e due possono anche fare quattro.
fulgenzio Signor Galilei, non ho chiuso
occhio da tre notti per tentar di conciliare il decreto, che ho letto, con le
lune di Giove, che ho viste. Stamattina ho deciso di dire la messa e poi di
venirvi a trovare.
galileo Per dirmi che le lune di Giove non esistono?
fulgenzio No. Sono riuscito a convincermi che il decreto è stato
saggio. È servito a rivelarmi quanto possa essere rischiosa per l'umanità
un'indagine libera da ogni freno: tanto, che ho preso la decisione di
abbandonare l'astronomia. Ma ho pure sentito il bisogno di esporvi alcuni
motivi che possono spingere anche un astronomo, quale ero io, a interrompere lo
studio delle scienze esatte.
galileo So benissimo quali sono questi motivi.
fulgenzio Capisco la vostra amarezza.
Alludete a certi poteri straordinari di cui dispone
galileo Chiamateli pure strumenti di tortura.
fulgenzio Ma non si tratta solo di questo.
Permettete che vi parli di me? Sono cresciuto in campagna, figlio di genitori
contadini: gente semplice, che sa tutto della coltivazione dell'ulivo, ma del
resto ben poco istruita. Quando osservo le fasi di Venere, ho sempre loro
dinanzi agli occhi. Li vedo seduti, insieme a mia sorella, sulla pietra del
focolare, mentre consumano il loro magro pasto. Sopra le loro teste stanno le
travi del soffitto, annerite dal fumo dei secoli, e le loro mani spossate dal
lavoro reggono un coltelluccio. Certo, non vivono bene; ma nella loro miseria
esiste una sorta di ordine riposto, una serie di scadenze: il pavimento della
casa da lavare, le stagioni che variano nell'uliveto, le decime da pagare...
Le sventure piovono loro addosso con regolarità, quasi seguendo un ciclo. La
schiena di mio padre non s'è incurvata tutta in una volta, ma un poco più ogni
primavera, lavorando nell'uliveto: allo stesso modo che i parti, succedendosi a
intervalli sempre uguali, sempre più facevano di mia madre una creatura senza
sesso. Donde traggono la forza necessaria per la loro faticosa esistenza? per
salire i sentieri petrosi con le gerle colme sul dorso, per far figli, per
mangiare perfino? Dal senso di continuità, di necessità, che infonde in loro lo
spettacolo degli alberi che rinverdiscono ogni anno, la vista del campicello e
della chiesetta, la spiegazione del Vangelo che ascoltano la domenica. Si son
sentiti dire e ripetere che l'occhio di Dio è su di loro, indagatore e quasi
ansioso; che intorno a loro è stato costruito il grande teatro del mondo perché
vi facciano buona prova recitando ciascuno la grande o piccola parte che gli è
assegnata... Come la prenderebbero ora, se andassi a dirgli che vivono su un
frammento di roccia che rotola ininterrottamente attraverso lo spazio vuoto e
gira intorno a un astro, uno fra tanti, e neppure molto importante? Che scopo
avrebbe tutta la loro pazienza, la loro sopportazione di tanta infelicità?
Quella Sacra Scrittura, che tutto spiega e di tutto mostra la necessità: il
sudore, la pazienza, la fame, l'oppressione, a che potrebbe ancora servire se
scoprissero che è piena di errori? No: vedo i loro
sguardi velarsi di sgomento, e il coltelluccio cadere sulla pietra del
focolare; vedo come si sentono traditi, ingannati. Dunque, dicono, non c'è
nessun occhio sopra di noi? Siamo noi che dobbiamo provvedere a noi stessi,
ignoranti, vecchi, logori come siamo? Non ci è stata assegnata altra parte che
di vivere cosi, da miserabili abitanti di un minuscolo astro, privo di ogni
autonomia e niente affatto al centro di tutte le cose? Dunque, la nostra
miseria non ha alcun senso, la fame non è una prova di forza, è semplicemente
non aver mangiato! E la fatica è piegar la schiena e trascinar pesi, non un merito!
Così direbbero; ed ecco perché nel decreto del Sant'Uffizio ho scorto una
nobile misericordia materna, una grande bontà d'animo.
galileo Bontà d'animo! Forse intendete dire che, dal momento che non c'è più niente, che tutto il vino è bevuto e che le loro labbra sono secche, non gli resta che baciare la tonaca! Ma perché non c'è più niente? Perché mai l'ordine che regna in questo paese è l'ordine che esiste in un magazzino vuoto? Perché non v'è altra necessità che quella di lavorare fino a crepare? In mezzo a vigneti carichi di grappoli, ai campi folti di grano! Sono i vostri parenti contadini quelli che pagano le guerre scatenate dal vicario del pio Gesù in Spagna e in Germania! Perché Gesù ha posto la terra al centro dell'universo? Ma perché la cattedra di Pietro possa essere il centro della terra! È solo di questo che si tratta. Avete ragione voi: non si tratta dei pianeti, ma dei contadini dell'Agro Romano. E non venite a parlarmi dell'alone di bellezza che emana dalla vecchiaia! Sapete come si sviluppa la perla nell'ostrica? Un corpo estraneo insopportabile, per esempio un granello di sabbia, penetra dentro al guscio, e l'ostrica, per seppellire quel granello, secerne calce; e in questo processo rischia la morte. Allora, dico io, al diavolo la perla, purché l'ostrica resti sana! Le virtù non sono appannaggio unicamente della miseria, caro mio. Se i vostri genitori vivessero prosperi e felici, potrebbero sviluppare le virtù della prosperità e della felicità. Oggi, invece, i campi esausti producono coteste virtù di esaurimento, ed io le rifiuto. Amico, le mie nuove pompe idrauliche potrebbero operare miracoli ben maggiori di tutto quel grottesco affaccendarsi oltre l'umana capacità... Crescete e moltiplicatevi! perché le guerre spopolano i territori e i nostri campi sono sterili. Bisogna dunque proprio mentire alla tua gente?
fulgenzio (con grande agitazione) Dobbiamo
tacere per il più nobile dei motivi: la pace spirituale dei diseredati!
galileo Vuoi che ti mostri una pendola del Cellini? Me l'ha portata
stamane il cocchiere del cardinale Bellarmino. Caro mio, come contentino per
non turbare la pace spirituale dei tuoi genitori, le autorità mi offrono la mia
porzione del vino che hanno vendemmiato dal sudore dei loro volti, i quali,
come tu ben sai, sono fatti a immagine e somiglianza di Dio. Se mi adattassi a
tacere, potrei anche ricavarne qualche utilità: vita facile, niente
persecuzioni e via dicendo.
fulgenzio Signor Galilei, io sono un ecclesiastico.
galileo Sei anche un fisico. E che le fasi di Venere esistono, lo
vedi. Guarda! (Indica oltre la finestra) Vedi là il piccolo Priapo, alla
fonte vicino al lauro? Il dio degli orti, degli uccelli e dei ladri, l'osceno
idolo contadino, vecchio di duemil'anni? Ha detto meno bugie di loro! Va bene,
non ne parliamo, anch'io sono un figlio della Chiesa. Ma non avete mai letto
l'ottava satira di Orazio? Proprio in questi giorni me la sto rileggendo, per
ritrovare un po' d'equilibrio. (Afferra un libriccino) Sentite come fa
parlare una statuetta di Priapo che si trovava negli orti Esquilini. Comincia
cosi:
Ero un ceppo di
fico, un legno poco servibile
Quando il mio
falegname, incerto se fare di me
Priapo od uno
sgabello, finì col scegliere il dio...
Credete
che Orazio, se per esempio gli avessero imposto di non parlare di uno sgabello,
ma di mettere nella poesia un tavolo, lo avrebbe tollerato? Messere, il pretendere
che, nel mio quadro dell'universo, Venere debba essere senza fasi, è recare
offesa al mio senso estetico! Come possiamo scoprire le macchine che regolano
il corso dei fiumi,
se ci si fa divieto di studiare la più grande macchina che sta innanzi ai
nostri occhi, quella del firmamento! E la somma degli angoli di un triangolo
non può variare a seconda degli interessi della Curia. E non posso calcolare le
traiettorie dei corpi volanti in maniera da spiegare anche i voli delle streghe
sui manici di scopa!
fulgenzio Ma non credete che la verità - se verità è – si farà strada anche
senza di noi?
galileo No, no, no! La verità riesce ad
imporsi solo nella misura in cui noi la imponiamo; la vittoria della ragione
non può essere che la vittoria di coloro che ragionano. Tu parli dei contadini
dell'Agro come se fossero il muschio che alligna sulle loro capanne! A chi mai
può passare per la mente che ciò che a loro interessa, non vada
d'accordo con la somma degli angoli di un triangolo? Certo che, se non si
agitano, se non imparano a pensare, poco può aiutarli anche il più efficace
sistema d'irrigazione. Per tutti i diavoli, vedo bene che sono ricchi di
divina pazienza; ma la loro divina furia, dov'è?
fulgenzio Sono stanchi.
galileo (gettandogli un fascio di
manoscritti) Sei o non sei un fisico, figlio
mio? Qui sta scritto com'è che negli oceani avvengono le alte e le basse maree.
Non lo puoi leggere, hai capito? To', e invece lo leggi? Sei un fisico, allora?
(Frate Fulgenzio è sprofondato nella lettura). Il frutto dell'albero
della conoscenza! Ecco, lo azzanna subito. Sarà dannato in eterno, ma non può
far a meno di azzannarlo, sciagurato ghiottone! A volte penso che mi lascerei
rinchiudere in una prigione dieci tese sotterra, dove non penetrasse un filo di
luce, purché in cambio potessi scoprire di che cosa la luce è fatta. E il
peggio è che, tutto quello che scopro, devo gridarlo intorno: come un amante,
come un ubriaco, come un traditore. È un vizio maledetto, mi trascinerà alla
rovina. Quanto potrò resistere a parlare solo coi muri? Questo è il problema.
fulgenzio (indicando un passo del manoscritto) C'è una frase che non capisco.
galileo Te la spiegherò. Te la spiegherò.